fbpx

RACCONTI A TUTTA BIRRA 9

I“Racconti a tutta birra” sono stati scritti, in occasione dell’Oktoberfest, dagli studenti del corso di Narrativa di 1 livello di StudioStorie: un manipolo di valorosi scrittori, ispirati dalle fragranze delle migliori bevande al luppolo, rendono omaggio alla birra con un racconto ciascuno.

I racconti, uno al giorno, sono pubblicati su www.oktoberfestgenova.com, su www.studiostorie.com e sulle rispettive pagine faceboook.

spiga-gialla-def-2
 

«Historia cervisiae et de le genti che la inventonno», di Massimo Rossi

 

Giunta alfin l’aetate che dona pace al core et porta lo pensier al tempo andato, credo sia dovere d’omo di penna dar fine allo gran torto che ancor oggi rimbalza di bocca in bocca. Non di battaglie eroi e fanciulle, di draghi e di mirabili tesori andrò a contarvi, ma sol d’aurea bevanda che terre d’Albion, di Lemagna o Franza menano a vanto, ma che d’Italico suol fu sola figlia. E per chi ne vorrà udire, proverò a contar la storia.

Posi lo pede meo un dinnanzi all’altro per molti anni; et ogni passo fatto separava lo mio cammin da vecchia meta; e avvicinava mea fame di saper a novo traguardo. Passati eran dodici anni dell’anno mille e secolo secondo – dal giorno in cui lo Signor nostro scese in terra – ch’io erravo per tortuose strade, de li monti che pongon barriera tra le torride piane e lo sconfinato mare de liguri genti. Tarda s’era fatta la giornata: fratello sole nascosto avea già lo capo dietro l’orizzonte, a segnar la fine del lavoro e l’inizio del riposo per l’omini tutti. Più duro e periglioso s’era quinci fatto lo meo cammino, e pronto ero a far dimora a lato del sentiero. Quand’ecco flebile udii a distanza lo rumor di pochi armenti, forse pecore: che lo terren non concedea certo lo curar e crescer vacche. Raggiunsi di lì a poco lo picco de lo monte. Et dietro la collina, ben io vidi sparute case, semplice riparo di certo semplici genti. Riunito stava lo vulgo intorno ad ampio foco, che alte brandea le fiamme sue nello piazzal de lo villaggio. Lento lo pede, a studiar la situazione, presi a camminar puntando a quelle folla; et molto prima di quant’io pensassi la raggiunsi. Vivo ora udivo lo rumor di voci, le urla di donzelle, le melodie et suoni d’istrumenti. Chiaro apparia lo foco et le carni di animali ch’ei rostiva. Ecco, al mio apparir tutti li presenti gironno il capo a me guardare. Un solo alzò dal suo seder, e venne a me vicino. E muti furono tutti, escluse le cicale.

– Nobil viandante – proferì favella – qualo umano o divin volere portò lo tuo cammino a queste terre?

– Dexiderium di conoscer nove genti et novi luoghi – risposi a sua dimanda. Niun posto, fili mi, placò mea fame de sapere et sete conoscentiae. Vado errando per lo globo, sic prego pax et amor mundi.

– Amicus! Amicus! – gridò allor quell’omo a tutti l’altri, che fatti liberi d’ogni sospetto, calonno lo sguardo da mia figura e tornaron a loro canti e a desinare.

Alzossi allor altra persona, che venne a me con sguardo e piglio fiero; e giunto a meo cospetto, volle ch’io sedessi al loro desco, a divider con la schiera bevande e libagioni. Fumante coscio di tenero agnello già era innanzi a la mia bocca, e ancor aveo lo sguardo al generoso petto di chi me l’ebbe a offrire, che altruno portommi, lesto, un calice: che vidi non esser vino. E pronto apostrofai lo mio vicino.

– Mi sia concessa la domanda, ma pria dello gustar questa bevanda, gradito mi saria saper qualcosa, in merito la sua essenza e sue virtuti.

– Peregrin curioso – mi rispose – codesta est la mirabile scoperta del mastro apotecario del paese. Ei seppe miscelar cum gran sapientia orzo, luppolo et altri semi che ebbe a barattare giù in la pianura. Mesciò lo tutto all’acqua di montagna, lasciò quinci bollir per molto tempo e molto poi lasciò a riposare. A tal nova ricetta portò: suo spesso ingegno et magna abilitate; ma tanta, occorre dir, fu anco fortuna.

Portai lo gotto piano a la mia bocca, e cadde allor lo sguardo a schiuma bianca, che a guisa dello manto d’ermellino ornava lo stracolmo mio boccale. Forte e di gran gusto scese, a inebriar la gola, la cascata di quell’or mai visto prima. Finito il primo assaggio altri ne bevvi: e lieta festa fu, per tutta sera.

Tanto ne dovevo a quelle terre che, poscia molti anni, ancor la gioia alberga nelle pieghe del meo core. E ancor vorrei narrar di quelle stesse genti, e quando vidi far – sotto i miei occhi – lo cibo che facea da degno sposo alla bevanda. Lenzuol di pasta fina in forno cotta: che languido ammantava un cuore di formaggio. Focaccia Recchellina.

Ma di posar la penna, giunto è lo momento e di lassar l’inchiostro a riposare. Est questa un’altra storia, che in altro tempo – e se avrò lo tempo – androvvi a raccontare.

Maximius Rubinatis (1183 – 1248)

Storico e letterato di gran fama, viaggiatore, demo-antropologo. La sua produzione letteraria include altri due testi sul tema della birra. Il Frigidum Perfectionis, che sviscera il tema della corretta temperatura a cui la bevanda e il suo calice devo essere serviti; e lo Spumae Altitudo, in cui si tratta a fondo sull’altezza che deve averne la schiuma. L’edizione, ormai rarissima, datata 1854 di questi due saggi viene magistralmente arricchita da una serie di tavole illustrate da Gualtier Drappè. A oggi la comunità internazionale degli studiosi risulta divisa fra quanti negano e quanti sostengono la ricostruzione storica fatta dal Rubinatis sull’invenzione della bevanda.