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RACCONTI A TUTTA BIRRA 8

I“Racconti a tutta birra” sono stati scritti, in occasione dell’Oktoberfest, dagli studenti del corso di Narrativa di 1 livello di StudioStorie: un manipolo di valorosi scrittori, ispirati dalle fragranze delle migliori bevande al luppolo, rendono omaggio alla birra con un racconto ciascuno.

I racconti, uno al giorno, sono pubblicati su www.oktoberfestgenova.com, su www.studiostorie.com e sulle rispettive pagine faceboook.

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«Quella bottiglia», di Silvia Ratti

 

La stanza era sempre buia. Alle pareti solo qualche quadretto con marche o scritte, eppure il locale era sempre pieno di persone. Era uno degli unici in zona, a metà strada fra tre paesi, e le persone, tra loro, si conoscevano tutte: gli stessi ragazzi e gli stessi vecchietti ogni sera.

Mario osservava gli altri dal suo sgabello. Voleva far il giovane, ma gli anni erano andati e se cominciava a rimuginare sul passato non la finiva più.

– Mario! Vieni a fare una partita!

Li osservava con un po’ di amarezza. Loro erano già tutti nonni e lui non aveva nessuno: quando attaccavano a parlare di giardinetti e nipotini non sapeva che dire. Si considerava un lupo solitario, amava viaggiare. Aveva girato il mondo e vissuto mille esperienze, si era divertito. Ora, da un po’di anni, non si muoveva dal paese e il passato gli mancava: viveva di ricordi.

– Preferisco stare qui, lo sapete. Questo è il mio sgabello.

Sorseggiava sempre la solita marca di birra, la gustava e non sgarrava mai: finita la bottiglia salutava il barista e tornava a casa.

 

– Ciao Mario. Perdonami, ma stasera dovrò darti un’altra birra. Con questo sciopero la tua non è arrivata.

La marca di Mario veniva da un paese del nord ovest della Francia e Claude, il barista, la prendeva apposta per lui.

– Stasera ti bevi questa. – Claude stappò una bottiglia – Blue Eyes. È italiana, artigianale come piace a te.

– L’Italia, – disse Mario – che bel paese l’Italia.

Vagò un po’ nei ricordi, prese un sorso, si pulì le labbra e mandò un cenno di approvazione al barista, che, con un sorriso, si allontanò. Mario si passava la bottiglia tra le mani. Amava avere confidenza con la bottiglia, faceva parte del suo rito serale; un po’ come doveva essere, per un fumatore, giocherellare con l’accendino. Notò che, sull’etichetta, c’era la grotta blu: era stato a Capri per lavoro, tanti anni prima. “Che estate, quella”, pensò tra sé. Accanto alla grotta la foto di una ragazza, proprietaria del birrificio.

Mario bevve l’ultima goccia, salutò Claude e, bottiglia in mano, si avviò a casa. Entrò, sedette al tavolino sotto la finestra e iniziò a scrivere. Andò avanti tutta la notte.

Si alzò dalla scrivania e scostò la tenda: il sole sorgeva e gli passò davanti agli occhi quell’alba di trent’anni prima. Non l’avrebbe mai scordata: quegli occhi, e il cuore che gli martellava in petto. Decise di partire e di tornare in quel posto.

 

– Mamma, sta arrivando qualcuno!

La bambina corse e andò a rifugiarsi dietro una gonna blu sorretta da gambe affusolate. Mario abbassò il finestrino e domandò alla ragazza se quello fosse il birrificio Blue Eyes.

– Buongiorno, sì, – sorrise lei – è qui per la festa?

Mario, sorpreso, rispose di aver assaggiato la birra e di averla usata come pretesto per tornare in Italia. La ragazza chiamò la madre, le due parlottarono, poi la donna si avvicinò alla vecchia Alfa Romeo rossa di Mario.

– Buongiorno. Mia figlia dice che lei è francese. Benvenuto. Signor…?

– Mi chiamo Mario. Sei tu, Elisabetta?

La ragazza con la gonna blu ruppe il silenzio.

– Mamma… – sorrise – ma allora vi conoscete! Sì, lei è Elisabetta e io sono sua figlia Chiara. Questo è il nostro birrificio con agriturismo e cantina. Venga, si accomodi.

Mario parcheggiò e scese dall’auto. Estrasse la borsa dal bagagliaio, l’appoggiò sul bordo del cofano dell’Alfa Romeo e prese un fazzoletto con cui, cercando di non farsi vedere, si asciugò gli occhi.

– Elisabetta… – sussurrò.

Dopo qualche istante i due sciolsero l’abbraccio.

– Il cuore di mamma è rimasto in una grotta, Mario. È là che, dopo nove mesi, trent’anni fa arrivai io.

Chiara abbracciò Elisabetta e le schioccò un bacio. Poi prese Mario sottobraccio e lo accompagnò alla sua stanza. La borsa cadde dal cofano e una bottiglia vuota di Blue Eyes rotolò fuori, nel cortile.